La plastica è ovunque. Dalle bottiglie d’acqua agli imballaggi alimentari, dai tessuti tecnici ai componenti delle automobili, è diventata parte integrante della nostra quotidianità. Ma se da un lato è sinonimo di comodità, dall’altro rappresenta una delle sfide ambientali più urgenti del nostro tempo. Comprendere a fondo l’intero ciclo di vita della plastica — dalla produzione allo smaltimento — è oggi più che mai necessario per affrontarne le conseguenze ambientali.
Lo studio cinese sull’invasione della plastica
Uno studio recente pubblicato su Communications Earth & Environment realizzato da Khaoula Houssini,Jinhui Li&Quanyin Tan ha gettato nuova luce sulla complessità della catena di approvvigionamento globale della plastica, analizzando i flussi di materiali legati al commercio internazionale nel 2022. I dati sono impressionanti: in un solo anno sono stati scambiati 436,66 milioni di tonnellate di plastica a livello globale. Di queste, ben 111 milioni riguardavano prodotti finiti, pronti per essere immessi sul mercato e, molto spesso, destinati a diventare rifiuti.
La produzione globale di plastica nel 2022 ha toccato quota 400 milioni di tonnellate. Il 98% di questa produzione si basa ancora su fonti fossili, come carbone, petrolio e gas naturale. Solo il 2% proviene da fonti bio-based. Questo dato, di per sé, racconta molto su quanto la transizione verso alternative sostenibili sia ancora agli inizi.
La distribuzione geografica della filiera è fortemente squilibrata. Le materie prime sono concentrate nei Paesi ricchi di risorse petrolifere, mentre la lavorazione avviene soprattutto in nazioni con una grande capacità manifatturiera, come la Cina e altri paesi asiatici. Questo crea una rete interconnessa di scambi globali, in cui il Nord del mondo esporta risorse e il Sud produce manufatti, spesso destinati a essere rapidamente scartati.
L’imballaggio inquina più di tutto
Il settore dell’imballaggio è il principale consumatore di plastica, con oltre 158 milioni di tonnellate utilizzate nel solo 2022. Seguono l’edilizia, l’industria automobilistica, l’elettronica, il tessile e l’agricoltura. Tuttavia, gran parte di questi materiali ha un ciclo di vita breve: solo una piccola quota rimane in uso per molti anni, come accade ad esempio nel settore edile.
Quando si tratta di fine vita, la situazione appare ancora più critica. Su circa 268 milioni di tonnellate di rifiuti plastici generati nel 2022, solo il 9% è stato effettivamente riciclato. La maggior parte è finita in discarica o incenerita. E mentre la discarica è in calo, l’incenerimento sta guadagnando terreno, rappresentando il 34% delle pratiche di smaltimento. Questo spostamento, sebbene riduca la dispersione ambientale, solleva nuove problematiche legate alle emissioni e alla gestione dei residui tossici.
Un altro aspetto interessante emerso dallo studio riguarda il commercio dei rifiuti plastici. Nonostante il divieto cinese all’importazione di rifiuti del 2018, l’Europa ha continuato a esportare grandi quantità di plastica non riciclata, diventando al tempo stesso il principale importatore mondiale. I dati mostrano che nel 2022 l’UE ha importato 3,48 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, superando le proprie esportazioni. Paesi come i Paesi Bassi, la Germania e il Belgio sono protagonisti di questi scambi, mentre in Asia, la Malesia, il Vietnam e l’Indonesia continuano ad accogliere una quota rilevante di rifiuti provenienti da tutto il mondo.
La fotografia che emerge è quella di un sistema squilibrato, in cui le disuguaglianze economiche si riflettono anche nella gestione dei rifiuti. Tuttavia, proprio queste dinamiche potrebbero aprire uno spiraglio per un cambiamento: lo studio suggerisce che i flussi commerciali di rifiuti non sono più così nettamente divisi tra Nord e Sud del mondo, ma stanno assumendo configurazioni più complesse, che potrebbero essere ripensate in un’ottica di maggiore equità e sostenibilità.
Una possibile soluzione
A livello politico, l’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente ha già tracciato una possibile via d’uscita. Nel marzo 2022 è stata infatti approvata una risoluzione per la creazione, entro il 2024, di un trattato globale giuridicamente vincolante volto a contrastare l’inquinamento da plastica lungo l’intero ciclo di vita del materiale, dalla produzione al design fino allo smaltimento. In questo contesto, studi come quello di Houssini, Li e Tan forniscono dati fondamentali per orientare le decisioni politiche e costruire un’economia della plastica più circolare e giusta.
Se vogliamo davvero ridurre l’inquinamento e promuovere una gestione sostenibile della plastica, non basta guardare al singolo oggetto che scartiamo. Dobbiamo imparare a leggere le connessioni globali che lo hanno portato fino a noi — e a considerare ciò che succede una volta che scompare dal nostro campo visivo. Perché, nel mondo della plastica, nulla scompare davvero. Ma molto può — e deve — essere trasformato.
(a cura di Gaiazoe.life)