Dal 3 al 5 giugno, la capitale danese torna ad accogliere uno degli appuntamenti più attesi per chi crede in una moda più etica e responsabile. Ma il clima è tutt’altro che sereno
Barriere e ponti: il tema di un summit in difesa
Il Global Fashion Summit 2025 si aprirà domani, 3 giugno, a Copenaghen, e si svilupperà su tre giorni di incontri, panel e keynote speeches dedicati alla riduzione dell’impatto ambientale e sociale dell’industria della moda.
Il tema scelto per questa edizione, “Barriers and Bridges”, riflette un cambiamento di tono significativo rispetto agli anni precedenti. Se fino a poco tempo fa si parlava di “nuovi livelli” da raggiungere e di trasformazioni in atto, oggi si fa i conti con una realtà più complessa e fragile. La sostenibilità, sia ambientale che sociale, sembra essere di nuovo sotto attacco.
Il vento contrario: Trump, tagli e silenzi
A pesare è soprattutto il ritorno sulla scena di Donald Trump, che ha già mostrato, durante la sua precedente amministrazione, un atteggiamento ostile verso le normative ambientali, le energie rinnovabili e gli investimenti ESG. I tagli agli aiuti internazionali hanno inoltre indebolito le ONG che operano a stretto contatto con le comunità locali e che spesso collaborano con i brand per migliorare condizioni lavorative e ridurre le emissioni lungo la filiera.
In questo clima, molti grandi marchi scelgono il silenzio. Si teme di diventare bersaglio di critiche o rappresaglie politiche, anche se alcuni continuano a supportare economicamente progetti di sostenibilità. Il risultato? Un Summit con meno volti noti sul palco, ma forse più spazio per le voci autentiche.
Le voci da ascoltare: Europa e diritti del lavoro
Tra gli interventi più attesi c’è quello di Jessika Roswall, commissaria UE responsabile per l’economia circolare, che affronterà il tema del Green Deal europeo e del suo impatto sull’economia del continente. Il suo intervento si inserisce in un contesto complesso: dopo pressioni da vari settori industriali, l’Unione ha ammorbidito alcune proposte normative, ma resta comunque tra le istituzioni più determinate a promuovere una vera trasformazione.
Sul fronte dei diritti del lavoro, salirà sul palco Kalpona Akter, attivista del Bangladesh che da decenni si batte per i diritti dei lavoratori nel settore tessile. Il suo intervento arriva in un momento critico: l’instabilità politica ed economica rischia di cancellare i progressi faticosamente conquistati. E scandali recenti — come le indagini sui sweatshop collegati a marchi di lusso operanti in Italia — dimostrano che la moda ha ancora molta strada da fare.
La moda sostenibile cerca una nuova narrativa
Dopo anni di promesse e risultati deludenti, il movimento della moda sostenibile sta vivendo un momento di riflessione profonda. L’entusiasmo iniziale ha lasciato il posto a una realtà più disillusa, in cui è chiaro che né l’industria né i governi hanno fatto abbastanza.
Per rilanciare il cambiamento, sarà necessario dimostrare che la sostenibilità è anche un’opportunità economica e non solo un dovere etico. E sarà altrettanto importante trovare un linguaggio capace di coinvolgere i consumatori, che oggi appaiono sempre più assuefatti ai discorsi su emissioni e sprechi.
Forse, proprio da questa 16ª edizione del Global Fashion Summit, nascerà una nuova narrativa: più consapevole, più coraggiosa e finalmente concreta.
(a cura di Gaiazoe.life)