Nel panorama della moda sostenibile, l’upcycling sta diventando sempre più una forma d’arte e di espressione personale. Tra gli accessori che si prestano a una seconda vita creativa, la cravatta rappresenta un oggetto ricco di storia, fascino e possibilità di trasformazione. È proprio da questa consapevolezza che nasce il progetto di Cravattology, un brand che reinventa le cravatte vintage in gioielli statement, dando loro un nuovo significato estetico e narrativo. Dietro questa idea c’è una passione nata negli anni ’80, tra ricordi d’infanzia e sperimentazioni di stile, che si è evoluta fino a diventare una missione: dimostrare che la moda può essere sostenibile senza rinunciare all’originalità. Gaiazoe ha intervistato la founder Simona Brancati

L’upcycling artistico delle cravatte
Innazitutto come è nata la sua passione per le cravatte e come le è venuta l’idea di fare upcycling su questi accessori?
La mia passione per le cravatte nasce da ragazzina, quando indossavo per gioco quelle di mio nonno, insieme agli zatteroni e i pantaloni a zampa di mia zia. Erano i primi anni ’80 e già mi piaceva mescolare stili e creare contrasti. Ricordo che mio nonno aveva delle cravatte morbidissime in seta e cashmere, che adoravo toccare e avvicinare alla pelle come una coccola. All’epoca non ne ero consapevole, ma indossare una cravatta era un modo per esprimere la mia parte più ribelle, creativa e anticonformista. Questa passione è poi cresciuta negli anni ’90, periodo di massimo splendore per la cravatta in cui ho iniziato a indossarla spesso sperimentando abbinamenti inconsueti e modi diversi di interpretarla. Delle cravatte mi affascina la loro estetica, il modo in cui avvolgono dolcemente il collo con fantasie e colori che illuminano il viso e l’outfit al pari di collane esuberanti e di foulard. Per me le cravatte non sono solo strisce di tessuto ma espressione del proprio stile, messaggi da portare addosso, tele su cui creare e sperimentare.
E’ stato un caso ritrovare nel 2024 quelle di mio nonno che avevo conservato in una scatola in cantina, ed è stata immediata l’idea di farle rivivere con design nuovi che le trasformasse in gioielli statement, come vengono definiti oggi gli accessori di carattere che si fanno notare e hanno il pregio di valorizzare e caratterizzare outfit molto minimal. Ho un’anima fortemente nostalgica e questo episodio mi ha spinto a cercare cravatte vintage e preloved in vari altri contesti, per dare vita a una produzione monotematica e direi anche ossessiva! Il disegno che progetto per la trasformazione in gioiello segue l’anima della cravatta, la sua fattura e consistenza, mi lascio ispirare dagli stili del passato e dalle tendenze contemporanee. Una volta deciso il disegno, cioè il modello, le cravatte vengono decorate e customizzate con minuterie e accessori ricercati e recuperati nel panorama vintage e preloved, a volte decontestualizzati come forcine, pizzi, spille, maniche, bottoni e anche spalline di reggiseno, oppure fatti a mano, anche da me.
Sono per tutti o solo da donna?
Considero le cravatte gioiello per tutti, ma per esperienza ho capito che mentre gli uomini non faticano a riconoscerle anche quando sono rielaborate in modo estroso e audace, per alcune donne può risultare più difficile uscire dallo schema della cravatta come accessorio maschile o per forza anticonformista e di rottura, in questo vedo la mia sfida. Voglio riuscire a far conoscere il suo potenziale, a “vestire” con la cravatta gioiello donne e uomini in base alla propria fisicità, allo stile e alla personalità che vogliono far emergere. Per me la cravatta è davvero un gioiello che può sostituire un foulard, e anche se io amo lo stile mannish non indosso la cravatta gioiello necessariamente nel classico completo con camicia e blazer, ma mi piace portarla anche sui colli alti in inverno, sugli abiti lunghi dalle scollature profonde, sulle t-shirt e sulla pella nuda in estate. Il bello degli accessori genderless, a mio avviso, è che oltre ad avere qualità sostenibili si prestano a essere reinterpretati con grande libertà e creatività. Io ho ideato diversi modelli di cravatte gioiello proprio per questo, per mostrare quanto possono essere versatili e modulabili. In sostanza con un solo accessorio puoi davvero accoppiare 4 o 5 outfit diversi adatti di giorno e di sera e per occasioni molto diverse tra loro.
Ha sempre lavorato nella moda?
In realtà no, la mia vita si è dipanata lungo diverse esperienze che hanno avuto come filo conduttore studi e attività tendenzialmente umanistiche e anche olistiche. In realtà la vita mi aveva messo sulla strada della moda già intorno ai 20 anni, con una madre figurinista e le prime esperienze lavorative in uno showroom sartoriale di Genova come modella per le sfilate, ma all’epoca non avevo seguito la chiamata. La moda è tornata a interessarmi come colpo di fulmine a 50 anni. Non potevo fare a meno di aggiornarmi sulle tendenze per poi ricrearle con i pezzi del mio guardaroba, ovviamente sempre con un occhio di riguardo al vintage e a tutti quegli stili esuberanti per forme e colori. Dico sempre che la menopausa con tutte le trasformazioni obbligate e non richieste a cui mi ha sottoposto mi ha regalato il dono della leggerezza, del menefreghismo e della voglia di sperimentare, di andare al di là degli schemi e di cambiare. La moda è stato il settore in cui ho recuperato una seconda giovinezza, perché per me la moda è espressione di creatività, di gioco, di arte e di libertà. Vorrei trasmettere questo con le mie cravatte gioiello: vestiamoci per divertirci e andiamo nel mondo per comunicare chi siamo e trasmettere gioia.

La sostenibilità nella moda
L’upcycling lo applichi solo alle cravatte o pensi che potresti essere interessata anche ad altro?
Per il momento voglio occuparmi solo di cravatte, ma in effetti ho in mente diversi progetti di riciclo di materiali, devo capire la fattibilità e devo studiarci ancora un po’ su. In ogni caso penso di rimanere sempre nel settore degli accessori e dei gioielli che amo alla follia perché ti risolvono davvero un outfit o un evento e poi sono la tua vera firma. Li trovo super creativi molto più di un capo di abbigliamento. Anche la passione per i gioielli è un regalo della menopausa. Alla fine mi sento più femminile oggi, alla ricerca appunto di accessori che facciano la differenza, rispetto a un tempo in cui talvolta ero anche troppo minimal. Per questo amo follemente la cravatta declinata al femminile, perché più di altri accessori, è un mezzo prepotente di espressione di sé. Ideale per quelle donne che non faticano a esporsi e a farsi notare, evocativa e motivazionale per tutte quelle che invece faticano a uscire dagli schemi e a manifestarsi. Ogni donna ha la sua tipologia di cravatta più adatta da indossare per gusto, ispirazione e fisicità, perché infiniti sono gli stili, i materiali, i colori e le dimensioni da scegliere.
Cos’è la sostenibilità nella moda?
Ho scelto di abbandonare il fast fashion qualche anno fa, quando ho aperto il mio blog sugli stili di vita sostenibili per le donne over 40 risucchiate nel vortice del cambiamento pre e post menopausa. Ho iniziato ad approfondire diversi temi, dall’alimentazione alle faccende domestiche, alle mete turistiche fino ad arrivare allo shopping, tutto esplorato nelle sue possibilità sostenibili. Ho scoperto cose allucinanti e il risultato è stato questo: sono diventata vegetariana, utilizzo cosmetici cruelty free, non compro fast fashion, combatto per la tutela e difesa degli animali, leggo le etichette. Ovviamente non sono impazzita di colpo, tutto ha avuto una tempistica e una sua evoluzione progressiva, ma credo che oggi nessuno possa essere e rimanere inconsapevole quando deve decidere cosa mangiare o cosa comprare. E’ meno difficile di quello che si pensi e in realtà si può essere sostenibili anche nelle piccole scelte. Per esempio, se devo comprarmi una semplice t-shirt in cotone, evito di prenderla al volo in uno dei grandi centri commerciali di cui non faccio il nome, impiego qualche minuto in più per cercarla nella sua versione organica, certificata, che oggi non è più così difficile da reperire. Leggo l’etichetta, mi accerto che non provenga da paesi a rischio di sfruttamento lavorativo. Insomma, per rispondere alla tua domanda, penso che la sostenibilità nella moda sia una questione di informazione innanzitutto, e poi di scelte, di presenza e di tempo, perché più vai lentamente e più hai la possibilità di conoscere e fare scelte e acquisti consapevoli, di qualità e longevi nel tempo. Poi, penso che sia anche una questione di creatività. Abbiamo l’armadio pieno di capi, a volte anche molto vecchi e molto interessanti. Se ci diamo del tempo, abbiamo la possibilità di trovare nuovi modi per indossarli, di trasformarli con l’aiuto di una sarta, di capire la nuova “chiave di lettura” per reinterpretarli e aggiornarli alla nuova versione di noi stessi.
Mi racconti le tue origini?
Sono genovese, classe ’68. Potrei dirti che il cambiamento è sempre stata la mia parola magica e il fil rouge di tutta la mia vita. Ho iniziato come giornalista che ancora andavo all’università e nel contempo mi occupavo del settore comunicazione nell’azienda di famiglia, è un mestiere che ho amato molto e che pensavo mi avrebbe accompagnato tutta la vita, invece è andata diversamente. Dopo una decina di anni hanno iniziato a stancarmi alcune dinamiche del settore e ho iniziato a cercare qualcosa di più creativo sempre nell’ambito della scrittura. Così ho frequentato una scuola di sceneggiatura che mi ha portato a lavorare a diversi progetti cinematografici tra cui la produzione di cortometraggi e a fare qualche bellissima esperienza nei set di alcuni lungometraggi girati a Genova. In questo periodo ho pubblicato il mio primo libro sul cinema di Quentin Tarantino che mi ha aperto le porte alle docenze nelle scuole sul linguaggio cinematografico. A 40 anni ho avuto l’ennesimo cambiamento, questa volta dovuto ad alcuni problemi di salute. Mi sono avvicinata alle pratiche olistiche e ai percorsi di crescita personale per uscirne in modo diverso, e ho iniziato una lunga formazione in questo nuovo settore che mi ha portato a diventare counselor corporeo e insegnante di yoga e pilates per le over 40. E arriviamo a oggi, con il brand Cravattology e il blog per donne alle soglie del cambiamento con cui ho ripreso il mio primo amore, la scrittura. In realtà credo che niente di noi e dei nostri talenti vada perduto, tutto torna sempre, in modo e forma nuovi e al momento giusto, a patto che si elimini senza indugio ciò che ci ostacola e non serve più per fare spazio alle nuove idee e alle nuove affermazioni di sé. Anche questa “saggezza” alla fine è un altro regalo (sudato) del giro di boa dei 50 anni!
(intervista raccolta da Viviana Musumeci, founder di Gaiazoe.life)
