Un megafono, una voce che grida verità scomode, e l’arte che si fa azione. Questa mattina, le strade di Roma si sono svegliate con un messaggio potente: “Greenpeace will not be silenced”. A firmarlo, l’artivista Laika, ormai nota per la sua street art carica di significato sociale, che ha scelto di manifestare pubblicamente la propria solidarietà a Greenpeace con un’installazione nei pressi dell’ambasciata americana e una serie di poster apparsi in tutta la Capitale.
Dietro questo gesto simbolico, una denuncia forte e chiara contro una sentenza che rischia di cambiare le regole del gioco per il diritto di protesta. Il 19 marzo scorso, una giuria della Contea di Morton (Nord Dakota) ha infatti condannato Greenpeace USA e Greenpeace International a risarcire oltre 660 milioni di dollari all’azienda petrolifera Energy Transfer, promotrice del controverso oleodotto Dakota Access. Una decisione che, secondo l’organizzazione ambientalista, rappresenta un attacco diretto alla libertà di espressione e un precedente pericoloso per chiunque osi protestare pacificamente contro i giganti dei combustibili fossili.
«Questa è una SLAPP – Strategic Lawsuit Against Public Participation – ovvero una causa pretestuosa intentata per zittire il dissenso e intimidire chi difende il pianeta», ha dichiarato Laika. «Trasformare la protesta ecologista in eco-terrorismo è un atto autoritario che mette in pericolo tutti noi. Oggi colpiscono Greenpeace, domani potrebbero colpire chiunque».
La strategia di silenziare le voci scomode
In effetti, la strategia di silenziare le voci scomode non riguarda solo gli Stati Uniti. Anche in Italia la situazione è allarmante. Mentre il governo approva leggi repressive che limitano il diritto alla manifestazione, aziende come ENI utilizzano lo strumento delle SLAPP per bloccare giornalisti, attivisti e organizzazioni della società civile. Non a caso, ieri Energy Transfer ed ENI sono stati “premiati” dalla coalizione europea anti-SLAPP con i simbolici titoli di “Bullo internazionale dell’anno” e “Dipendenza da SLAPP dell’anno”.
Greenpeace, però, non intende arretrare. Ha già annunciato un appello contro la sentenza americana e, parallelamente, Greenpeace International ha avviato un’azione legale nei Paesi Bassi per mettere alla prova la Direttiva anti-SLAPP dell’Unione Europea, chiedendo un risarcimento per i danni subiti.
«Mentre il pianeta brucia, chi cerca di difenderlo rischia di essere messo a tacere», ha commentato Simona Abbate, attivista per il clima di Greenpeace Italia. «Ma non ci faremo intimidire. Continueremo a lottare per la giustizia climatica e per un futuro vivibile per tutte e tutti».
(a cura di Gaiazoe.life)