20 aziende sotto la lente, tra eccellenze e ritardi. Una fotografia dell’industria outdoor tra ambizioni e ostacoli.
Una ricerca pionieristica per misurare la maturità ESG del comparto outdoor
È stata presentata qualche giorno fa a Riva del Garda, durante la nuova edizione degli ORBDAYS 2025 (Outdoor & Running Business Days), la prima ricerca nazionale dedicata alla maturità ESG dell’industria outdoor italiana. Promossa da Green Media Lab con il supporto di Italian Outdoor Group, l’indagine offre un’analisi dettagliata e inedita sull’integrazione dei criteri ambientali, sociali e di governance nelle strategie aziendali del comparto.
Lo studio ha coinvolto 20 aziende italiane leader del settore, tutte con fatturato superiore ai 10 milioni di euro: tra queste Tecnica, Vibram, La Sportiva, Scarpa, Montura, Ferrino, Aku, Oberalp, Garmont, solo per citarne alcune.
Indicatori ESG: tra governance sostenibile e comunicazione carente
L’analisi si è basata su 10 indicatori chiave, tra cui:
- la presenza di un piano strategico ESG
- la gestione della filiera produttiva
- le strategie climatiche
- le pratiche di eco-innovazione
- le politiche di Diversity & Inclusion
I risultati rivelano una forte polarizzazione: se da un lato alcune aziende hanno già intrapreso percorsi strutturati e trasparenti, dall’altro molte realtà non mostrano ancora elementi minimi di governance sostenibile. In particolare:
- il 60% non dispone di un team dedicato alla sostenibilità
- il 45% non pubblica alcuna forma di report ESG conforme agli standard internazionali
- il 40% non ha una sezione ESG sul sito web, perdendo un’opportunità cruciale di comunicazione
Ancora più allarmanti i dati sulla parità e l’inclusione: solo 1 azienda su 20 adotta una strategia strutturata di Diversity & Inclusion, mentre per la metà delle imprese il tema è del tutto assente.
Greenhushing: tra timore di esporsi e desiderio di cambiamento
Una parte della ricerca è stata dedicata anche alle realtà meno strutturate, attraverso una survey qualitativa che ha indagato perché molte aziende non comunicano i propri impegni ambientali e sociali. Le risposte evidenziano un fenomeno diffuso di greenhushing, ovvero la scelta deliberata di non comunicare iniziative sostenibili per timore di essere percepiti come incoerenti o poco credibili.
Tre aziende su cinque affermano di avere già avviato pratiche ESG, ma di non comunicarle pubblicamente per mancanza di dati strutturati o risultati solidi. Un approccio prudente che riflette la tensione tra desiderio di cambiamento e limiti operativi.
Pressioni di mercato e consapevolezza in crescita
Nonostante le fragilità emerse, il settore outdoor italiano mostra segnali incoraggianti:
- l’80% delle aziende intervistate ha ricevuto pressioni da clienti, distributori o fornitori per migliorare la propria performance ESG
- tra le aziende meno avanzate, tutte dichiarano l’intenzione di avviare percorsi ESG nei prossimi tre anni
La sostenibilità, dunque, sta diventando sempre più una leva strategica dettata non solo da sensibilità etica, ma anche da richieste concrete del mercato.
Verso una transizione sistemica del settore outdoor
La ricerca non si limita a fotografare lo stato dell’arte, ma intende offrire uno strumento di orientamento per il futuro dell’industria outdoor. Le priorità sono chiare:
- rafforzare la governance interna
- attivare sinergie lungo la filiera
- integrare strumenti di misurazione e rendicontazione
Il cammino verso una piena maturità ESG è ancora lungo, ma oggi più che mai è tracciata una direzione comune: costruire un settore outdoor capace di coniugare performance, rispetto per l’ambiente e responsabilità sociale. Perché vivere e lavorare nella natura significa anche tutelarla, con coerenza e lungimiranza.
(a cura di Gaiazoe.life)