E’ uscito un articolo su Bof, Business of fashion che ho trovato di particolare interesse poiché anticipa, sulla base degli accadimenti degli ultimi tempi in fatto di danni conseguenti al cambiamento climatico, il futuro della moda facendo uno scenario che dovrebbe letteralmente fare tremare i polsi soprattutto alle aziende e ai grandi nomi che contribuiscono a non fare molto, se non nulla, in fatto di sostenibilità.
Ancora oggi mi confronto con studenti di moda che vedono nelle politiche sostenibili un intralcio ai fatturati e alla bellezza della moda stessa, visione limitata e limitante ereditata da vecchie narrazioni.
Per una comprensione del tema, vi riassumo qui di seguito l’articolo di Bof firmato da Sarah Kent il 24 novembre scorso.
L’obiettivo dell’1,5 °C: una promessa tradita
Le temperature globali medie hanno superato per la prima volta il limite di 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali, segnale di un cambiamento climatico sempre più fuori controllo. Questo evento, previsto per decenni, rappresenta un punto di svolta che potrebbe compromettere il fragile equilibrio tra ambiente, economia e società. Anche il settore della moda non è immune, e rischia di trovarsi al centro di una crisi che potrebbe cambiare radicalmente il suo funzionamento.
Nel 2015, alla COP21 di Parigi, i leader mondiali si erano impegnati a contenere il riscaldamento globale entro 1,5 °C, limite cruciale per evitare disastri irreversibili. Oggi, però, quell’obiettivo appare sempre più distante: le proiezioni attuali indicano un aumento delle temperature tra i 2,1 °C e i 2,8 °C entro la fine del secolo.
Secondo Simon Stiell, segretario esecutivo dell’UN Climate Change, “Questi livelli di inquinamento da gas serra garantiranno un disastro umano ed economico per ogni paese, senza eccezioni. Ogni decimo di grado conta.”
Il 2024 si preannuncia come l’anno più caldo mai registrato, una dimostrazione di quanto il cambiamento climatico stia accelerando. Mentre le promesse dei governi vacillano, settori globali come quello della moda iniziano a fare i conti con le prime conseguenze tangibili di una crisi che non può più essere ignorata.
Le prime vittime: le filiere produttive
La moda dipende da filiere globali spesso situate in paesi vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico, come Bangladesh, Vietnam e Pakistan. Eventi estremi come le inondazioni del 2022 in Pakistan, che hanno distrutto il 40% del raccolto di cotone, o le recenti ondate di calore in Asia meridionale, che hanno messo fuori uso macchinari e sistemi di raffreddamento, mostrano quanto il settore sia esposto a rischi imprevedibili.
Vidhura Ralapanawe, scienziato del clima e responsabile della sostenibilità presso Epic Group, ha sottolineato quanto sia sorprendente la velocità del cambiamento le cui conseguenze si riflettono anche sui consumatori. Le condizioni meteorologiche estreme influenzano cosa, quando e quanto le persone acquistano, rendendo ancora più difficile per le aziende prevedere e rispondere alle loro esigenze. Con l’aumento delle temperature, questa volatilità non potrà che crescere, mettendo ulteriormente sotto pressione un settore già in difficoltà.
La moda e la sfida della sostenibilità
Nonostante la crescente urgenza, molte aziende di moda sono in ritardo nell’adozione di misure concrete per ridurre le proprie emissioni. Le filiere produttive, spesso caratterizzate da margini sottilissimi, lasciano poco spazio a investimenti a lungo termine, come il raffreddamento sostenibile delle fabbriche. Inoltre, il modello economico tradizionale del settore — basato sulla produzione e vendita di quantità sempre maggiori di beni — è intrinsecamente in conflitto con gli obiettivi climatici.
Un futuro da ripensare
La moda non può più permettersi di ignorare la crisi climatica. Se il settore non affronta con urgenza la questione, i costi economici, sociali e ambientali potrebbero raggiungere cifre astronomiche entro la fine del decennio. Ma la vera sfida non è solo economica: è culturale. Ripensare la moda non significa solo ridurre le emissioni, ma anche ridefinire le priorità e il modo in cui il settore si relaziona al pianeta e ai consumatori.
Ogni frazione di grado conta, e il tempo per agire è sempre più breve.
(rielaborazione a cura di Viviana Musumeci, founder di Gaiazoe.life)