Secondo un articolo uscito su BoF, il colosso cinese dell’ultra-fast fashion Shein ha investito milioni di dollari nel tentativo di ripulire la propria immagine di grande nemico del clima. Tuttavia, i risultati di questa strategia di green marketing non sembrano affatto positivi.
Il più recente rapporto di sostenibilità dell’azienda, pubblicato lo scorso venerdì, rivela infatti un dato allarmante: le emissioni climalteranti sono aumentate del 23% in un solo anno, raggiungendo quota 26 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente. Un dato che assegna a Shein, per il secondo anno consecutivo, il poco invidiabile primato di maggiore inquinatore del settore moda — tra le aziende che effettivamente pubblicano dati ambientali.
L’impronta carbonica del brand supera perfino quella combinata di due giganti del fast fashion come Inditex (Zara) e H&M, e ciò che preoccupa ancora di più è che l’impatto ambientale dell’azienda cresce più velocemente delle sue stesse vendite.
L’Europa alza la voce: la Francia prepara una legge contro il fast fashion
Il modello di business iper-produttivo di Shein, basato su una logica spietata di volumi e velocità, è ormai sotto stretta osservazione anche in Europa. In particolare, la Francia ha recentemente annunciato una proposta di legge anti-fast fashion che potrebbe avere effetti significativi sull’intero comparto.
La normativa prevede il divieto di pubblicità per i marchi ritenuti altamente inquinanti — come appunto Shein — e l’introduzione di una eco-tassa fino a 10 euro per articolo, ispirata al principio del “chi inquina paga”.
Promesse e lobbying: la strategia ambigua di Shein
Nonostante l’azienda abbia annunciato alcuni impegni sulla riduzione dell’impatto ambientale, molte delle sue azioni sembrano più dettate da una strategia di lobbying aggressiva che da una reale volontà di cambiamento.
Secondo il report, Shein si impegna a ridurre del 42% le emissioni dirette delle proprie attività e del 25% le emissioni indirette legate a produzione e trasporto entro il 2030.
Ma proprio perché quella data è ormai vicina, viene da chiedersi: perché, concretamente, non si vedono ancora risultati tangibili? A fronte di promesse ambiziose, i numeri raccontano un’altra storia: le emissioni continuano a salire e il modello produttivo resta invariato.
In un settore che ha urgente bisogno di trasformazioni profonde, la sostenibilità non può più essere uno slogan. E Shein, nonostante gli annunci, continua a incarnare tutto ciò che la moda non può più permettersi di essere.
(a cura di Viviana Musumeci, founder Gaiazoe.life)