Un collettivo di grandi rivenditori del settore beauty ha unito le forze per portare maggiore trasparenza nel mondo della clean beauty, pubblicando un rapporto che analizza la sicurezza di milioni di ingredienti utilizzati in cosmetici, prodotti skincare e haircare. La notizia è stata rilasciata qualche giorno fa da Vogue Business.
Un’alleanza per una bellezza più sicura
Secondo un nuovo rapporto del collettivo formato da Sephora, Ulta Beauty, The Honest Company, Credo Beauty, Counter, Inolex, Dow e Environmental Defense Fund, una parte significativa delle sfide legate alla clean beauty deriva da definizioni ambigue e da un quadro normativo ancora troppo frammentato.
Il gruppo, chiamato Know Better, Do Better (KBDB) Collaborative — fondato nel 2023 in collaborazione con l’organizzazione non profit Chemforward — ha pubblicato il 2025 Beauty & Personal Care Ingredient Report, con l’obiettivo di creare un punto di riferimento condiviso per la valutazione della sicurezza degli ingredienti.
1,25 milioni di ingredienti sotto la lente
Il KBDB ha analizzato 1,25 milioni di ingredienti provenienti da 48.000 prodotti di bellezza commercializzati negli Stati Uniti, individuando le cosiddette “chemical of concern”, cioè le sostanze considerate problematiche per la salute umana e per l’ambiente.
Il sistema di classificazione sviluppato dal collettivo si basa su analisi tossicologiche approfondite, convalidato da enti indipendenti, e mira a creare un linguaggio comune tra aziende e consumatori.
I dati del rapporto sono eloquenti:
- 71,3% degli ingredienti è risultato “sicuro” o “a basso rischio”;
- 24% è stato classificato come “non caratterizzato”, ossia non ancora completamente valutato;
- 3,7% è stato considerato “ad alto rischio”, con potenziali effetti cancerogeni, irritanti, mutageni o tossici per gli ecosistemi acquatici.
Il paradosso della clean beauty
Il rapporto sottolinea come la mancanza di una definizione universale di clean beauty rappresenti oggi una delle principali fragilità del settore.
Questo vuoto normativo, infatti, genera un “paradosso fondamentale”: la crescente domanda dei consumatori di prodotti sicuri e naturali ha alimentato il boom del mercato, ma l’assenza di standard chiari consente interpretazioni libere da parte di brand e rivenditori, minando la fiducia e la credibilità.
Un mercato in forte espansione ma senza regole
Il mercato globale della clean beauty è in rapida crescita e, secondo le stime, passerà da 7,29 miliardi di dollari nel 2024 a oltre 20,5 miliardi entro il 2032. Tuttavia, senza linee guida condivise, è difficile stabilire la reale consistenza di questo segmento e distinguere le aziende realmente virtuose da quelle che fanno greenwashing.
Una definizione ancora sfuggente
Negli Stati Uniti, la Food and Drug Administration (FDA) non riconosce la clean beauty come categoria legale, lasciando ai brand la libertà di definirla secondo criteri propri.
Questo ha portato a una molteplicità di interpretazioni: per alcuni marchi significa “senza sostanze tossiche”, per altri “sostenibile”, “carbon neutral”, “fair trade” o “cruelty-free”.
Come osserva Neil Saunders, managing director di Globaldata, “la confusione attorno alla clean beauty deriva dalla sua natura sfuggente: è un termine senza una definizione condivisa, e quindi facilmente manipolabile”.
Verso una nuova cultura della trasparenza
Il rapporto del KBDB segna un passo importante verso una maggiore responsabilità collettiva nel settore beauty.
L’obiettivo è chiaro: stabilire standard basati su dati scientifici per sostenere la transizione verso formule più sicure, trasparenti e sostenibili.
(a cura di Gaiazoe.life)