E’ indubbiamente un personaggio carismatico Rodrigo Doxandabarat l’imprenditore che nel 2016 ha fondato il brand di calzature da donna e da uomo Dotz, anche se lui preferisce definirsi “calzolaio”. E non deve meravigliare il fatto che ci tenga a sottolineare che “adesso le scarpe sono ciò che fa” come se da un momento all’altro la sua vita imprenditoriale potesse prendere un’altra strada, del resto Rodrigo ha già dimostrato di essere un uomo che ha vissuto numerose vite, sia a livello personale che professionale (Rodrigo è stato anche “scudo umano” nel 2003 nella guerra in Iraq e in seguito ha lavorato anche con Ong e nelle favelas, dato che è originario dell’Argentina).
Gaiazoe lo ha intervistato:
Carriera e valori non solo aziendali
La tua carriera è iniziata con un viaggio che ti ha portato in oltre 60 Paesi. Quali esperienze e insegnamenti hai acquisito durante questo periodo che hanno influenzato il tuo percorso professionale?
Che la vita è lunga e va affrontata un passo alla volta, con pazienza e determinazione. Non bisogna mai mollare, perché il percorso può essere meraviglioso o terribile, a seconda di ciascuno di noi. Tutto può cambiare; le persone possono ancora sorprenderci e le possibilità sono infinite se ci crediamo davvero. Che non esiste una unica risposta.

Puoi raccontarci delle tue esperienze di cooperazione in India con Madre Teresa di Calcutta e in Iraq durante la guerra? In che modo queste esperienze hanno plasmato la tua visione del mondo e del lavoro?
Sicuramente quanto detto prima si riflette perfettamente anche su questa domanda. L’esperienza a Calcutta, devo dire, risale a quando ero molto piccolo: era tutta una grande scoperta, e io avevo il cuore aperto e infinite domande. Questa è stata la mia prima esperienza nel mondo della cooperazione, la realizzazione tangibile di un sogno che avevo fin da ancora più piccolo. Invece, in Iraq ero già un uomo, ancora giovane, ma un uomo. Entrambe queste esperienze mi hanno insegnato che la vita va presa con leggerezza, che niente è assoluto e che la pazienza, la determinazione e l’equilibrio tra le cose sono fondamentali per il successo delle nostre imprese.
Esperienze italiane
Hai lavorato per importanti marchi della moda come Giorgio Armani e Dolce&Gabbana. Quali sono stati i principali traguardi raggiunti in questo settore e come queste esperienze ti hanno preparato a lanciare Dotz?
Giorgio Armani per me è stata una bellissima esperienza, una sorta di famiglia allargata che mi ha fatto crescere e insegnato non solo di moda e del lusso, ma anche di valori profondi. Per quanto riguarda il mondo DOTZ, da GA ho capito che la moda deve essere coerente con se stessi, che quello che uno sa fare bene non è mai molto distante dalle proprie credenze e dai propri gusti. Ho imparato che la moda non deve essere necessariamente una folle corsa al nuovo rivoluzionario, che spesso è di passaggio. Tutt’altro, ho compreso che la consistenza, la perseveranza, il credere fino in fondo in un’idea, la gestione misurata e il giusto valore alle cose sono una grandissima virtù, che va coltivata e celebrata.
D’altra parte, D&G mi ha insegnato che anche l’opposto di quanto detto può essere una strada valida, e questo a sua volta ha riconfermato la mia certezza che niente nella vita è assoluto e che non esiste una verità unica.
Un brand gentile con il Pianeta
Dotz è nata con l’obiettivo di creare un nuovo modo di fare business, focalizzato sulla sostenibilità e la creazione di valore condiviso. Puoi spiegare come riesci a coniugare questi principi con il successo commerciale del brand? Che cos’è sostenibilità per te e come la metti in pratica con Dotz?
Sì, DOTZ nasce con l’idea di creare un ecosistema che generi valore condiviso per tutti coloro che ne fanno parte. La sostenibilità ambientale (per quanto possibile) è la conseguenza di cercare modi di fare business che siano infatti sostenibili nel tempo. Oggi lavoriamo con diversi tipi di filati che possono essere riciclati, agroecologici e di upcycling, tra altre fibre. Le scatole sono fatte con residui domestici riciclati e i sacchettini delle nostre scarpe sono prodotti nelle favelas in Brasile. Sostenibile, per me, è ciò che può durare nel tempo senza penalizzare le risorse che abbiamo a disposizione, e, se possibile, migliorarle.

La collaborazione con il gruppo Belmond ha portato alla creazione di una capsule collection esclusiva. Quali sono stati i principali elementi distintivi di questa collaborazione e quale impatto ha avuto sul tuo marchio?
Con Belmond abbiamo realizzato una bellissima capsule collection utilizzando dei tessuti che ho trovato girando nel sud del Brasile, precisamente in una scarica di tessuti. Questi materiali sono stati successivamente portati a Sao Paulo, dove abbiamo creato diversi modelli come mocassini, mule e slipper. Queste calzature sono state poi esposte nei migliori hotel del Gruppo Belmond, come lo splendido Portofino, Villa Sant’Andrea a Taormina e il Cipriani a Venezia. È stato un progetto unico, che ha trasformato materiali recuperati in autentiche opere di lusso.

La capsule collection Marcella Club x DOTZ in collaborazione con Gianni Chiarini è stata realizzata con materiali sostenibili e ha un forte impatto sociale. Puoi parlarci di come sono stati scelti i materiali e delle iniziative sociali associate a questo progetto?
I tessuti utilizzati nella capsule Marcella Club x DOTZ sono stati al 100% di cotone riciclato, scelti in collaborazione con Gianni Chiarini per rappresentare in modo accurato l’intersezione culturale tra il Brasile e l’Italia. Le dustbags delle borse e le scarpe sono state prodotte con cotone agroecologico, coltivato da noi insieme a un agricoltore familiare della regione di Paraiba, in Brasile.
Una volta ottenuto il tessuto da questo cotone, le dustbags sono state realizzate in collaborazione con le donne delle favelas, in partnership con l’associazione Costurando Sonhos Brasil, con sede nella favela di Paraisopolis. Anche le nappine delle borse e le scarpe sono state prodotte utilizzando i ritagli dei tessuti della produzione delle se stesse, e sono state anch’esse cucite nelle favelas. Questo processo ha richiesto un notevole lavoro di coordinamento tra le due aziende e la collaborazione con vari interlocutori, sia in Brasile che in Italia.
(a cura di Viviana Musumeci, founder di Gaiazoe.life)