Sofia Alemani è una designer di cui i giornali, finalmente, si sono accorti di recente. La stilista lecchese, infatti, negli ultimi mesi del 2020 e nel 2021 ha vestito e continua a vestire personaggi del mondo della televisione. Una lunga gavetta l’ha sostenuta in questi anni, rendendo le sue creazioni solide e apprezzate. Del resto Sofia, prima di diventare fashion designer ha lavorato nel mondo dell’architettura, nell’interior design e nell’arte. Nel 2009, finalmente, ammette a se stessa che il vero sogno della sua vita è quello di realizzare capi di moda da donna e si lancia anima e corpo in questo mestiere. L’approccio alla moda, fin da subito e in tempi non sospetti, è quello del recycle. Se all’inizio Sofia realizzava i suoi capi con scampoli avanzati da tessuti di arredamento, oggi continua la sua ricerca, tanto che lo scorso anno ha “riesumato” l’archivio di famiglia. Sofia nel 2018 si è trasferita da Milano sul lago di Lecco e ha aperto il suo atelier fashion creative (clicca qui per visitare l’atelier di Sofia), dove oltre a realizzare le sue collezioni, realizza capi su misura e tiene corsi di cucito per adulti e ragazzi.
Gaiazoe l’ha intervistata:
Quali esperienze lavorative passate ti hanno portato a realizzare abiti?
E’ da sempre che sono legata al mondo dei tessuti perché appartiene alla mia storia di vita: i miei nonni avevano il Cotonificio Tosi a Busto Arsizio con i cui tessuti d’archivio ho presentato una collezione alla Mfw 20. Le mie nonne, inoltre, erano sarte… e questo universo soffice e colorato mi ha da subito rapita e affascinato. L’architettura è stato un fondamento imprescindibile e mi aiuta molto perché sono autodidatta nella concezione dei modelli: mi sono creata un mio metodo in cui mi concentro sulle figure geometriche che il modello contiene al fine di trovare un volume equilibrato tra corpo e tessuto, semplificando la forma per valorizzare lo stile. Oltre l’architettura e all’interior design – negli anni passati – mi sono dedicata al dipingere ed insegnare acquerello; progettare allestimenti di mostre ed eventi; realizzare sculture in marmo e ferro e cemento… Questo per affermare che ci vuole anche una buona dose di manualità oltre che creatività. La maggior parte delle esperienze lavorative che ho avuto hanno contribuito a formarmi professionalmente e mi hanno permesso di coltivare un mio personale stile ma sono consapevole che i passi si fanno uno dopo l’altro. L’ importante è la capacità di mettere in campo le proprie risorse e non
avere paura del cambiamento per raggiungere la meta che si desidera.
I tuoi capi sono realizzati con scampoli di tessuto che recuperi in archivi vari: come è nata questa idea di riciclo, quando ancora la parola sostenibilità non era cosi pronunciata da tutti?
La parola riciclo a me non piace molto e non la trovo in linea col mio pensiero. Viene utilizzata, infatti, parlando di riciclo di rifiuti…
Preferisco usare termini come riutilizzo o recupero perché implicano – a mio parere – una capacità e qualità umana che corrisponde a un pensiero creativo e pragmatico che sa guardare in là e in fondo nella realtà per riconoscere come utile, necessario o importante qualcosa che da altri viene considerato da buttare perché non hanno in loro la capacità o volontà di trasformarlo. Recuperare, inoltre, significa – per me – creare uno scambio fra offerta e domanda e diviene una possibilità positiva per fare del bene. Ho iniziato il mio lavoro recuperando scampoli ovunque, dai parenti e amici, dalle sartorie o dagli enormi magazzini di aziende piene zeppe di pezze che sarebbero andate al macero…All’ inizio è stata in effetti anche e un’ esigenza economica, ma col tempo si è trasformata nella conoscenza e consapevolezza dell’enorme valore e qualità del nostro patrimonio produttivo e quei manufatti tessili antichi mi affascinano tantissimo perché mi tramandano una favola bellissima … e cosi io – a mia volta – attraverso i miei capi racconto una storia unica e personale.
In questo senso si inserisce il mio percorso professionale: visione e ricerca, gusto per il bello e capacità di riconoscere la qualità… amore per il passato perché lo considero una ricchezza per creare qualcosa di moderno e futuristico partendo da quello che c’è… un limite che diviene opportunità.
A cosa stai lavorando?
In questo momento sto ultimando il campionario di una collezione estiva che ho progettato per un cliente ispirata alla natura al mare delle isole mediterrane e che presenterò – se la situazione lo permette – alla prossima Montecarlo Fashion Week a maggio 2021.
E’ un progetto importante a cui sto lavorando da diversi mesi che coinvolge diverse maestranze ed è per me un’occasione nuova per esprimere la mia arte.
Sofia al lavoro nel suo atelier
Cosa pensi della sostenibilità sia come creatrice che come persona?
Pensare di poter dare un mio contributo a un dibattito molto complesso e articolato come il tema della sostenibilità mi fa sentire sinceramente poco all’ altezza della domanda. Preferisco nel rispondere considerare ciò che istintivamente mi suscita questa parola e mi viene subito in mente un gesto: quello di sostenere e sorreggere qualcosa.
Sostenibile, quindi, implica un legame e coinvolgimento personale nel senso di continuità tra me e il mondo, tra me e la natura… è un senso di appartenenza in cui il soggetto mette in gioco le sue forze per far sì che il valore che egli attribuisce a qualcosa non deperisca e indica un’inclinazione a riconoscere che facciamo parte di un tutto.
In conclusione, essere sostenibili significa – per me – dare valore a ciò che ci appartiene ed è un rapporto fra un oggetto/pensiero e la nostra scelta ed impegno nel tenerlo – sostenerlo- portarlo avanti. E’ uno impegno di energie commisurato al fatto che riconosciamo un valore in qualcosa. Sono una sostenitrice del pensiero michelangiolesco che l’opera d’arte nasca da un processo di far emergere ciò che la realtà già contiene in se come potenziale.