Sono certa che abbiate sentito parlare tante volte di green washing che, per la cronaca è la pratica di fingere, da parte delle azienda, un interesse per le cause ambientali che in realtà non esiste. Il green washing fa parte di una pratica più grande che si caratterizza anche per “altri colori”: il social washing.
Che cos’è il social washing?
Anche nel caso del social washing, come del resto è plausibile, non ci aspettiamo nulla di buono, infatti esso è la pratica perpetrata da alcune aziende e marchi della moda che punta a mistificare o a ingannare il proprio pubblico, mostrando pratiche sostenibili o socialmente responsabili che in realtà non esistono.
Ma quali sono gli altri colori del washing?
Ecco qui la lista delle diverse tipologie di social washing:
– blue washing: è considerato uno spin off del green washing. Il termine Blue washing è stato usato per la prima volta come spin-off del green washing. Il Blue washing è una strategia di marketing ingannevole utilizzata al
fine di migliorare l’immagine aziendale facendo credere al consumatore di essere più etica di quanto non lo sia effettivamente.
– Pink washing termine che indica il movimento contro tutte quelle aziende che vogliono guadagnare dalla lotta
contro il cancro al seno, fingendo di supportare la causa, ma in realtà facendolo solo per guadagnarci.
– Raimbow washing ovvero le strategie di marketing adottate dai brand che strumentalizzano le tematiche della comunità LGBT+ per apparire a sostegno della lotta contro le discriminazioni e le violenze subite da queste minoranze.
Se vi vengono in mente marchi che praticano questa tipologia di “washing”, segnalateceli nei vostri commenti.
(A cura di Gaiazoe.life, il lifestyle blog dedicato alla sostenibilità)