Negli ultimi dieci anni, in tema di stile e moda, la sostenibilità ha fatto enormi passi avanti. Un po’ perché, quando subentrano dei nuovi paradigmi, è sempre necessario un po’ di tempo, prima che avvenga un assestamento e un po’ perché i vecchi sistemi lottano sempre in maniera drammatica per rallentare l’avanzamento del nuovo. Per questo, per qualche anno la moda sostenibile è stata assimilata a qualcosa di buono, ma di “grezzo”, anche in fatto di stile.
I brand sostenibili della moda sanno essere anche appealing
Oggi, però, i marchi di moda sostenibile o che lavorano in questa direzione riescono ad avere uno standing di medio/alto livello. Sono tanti i nomi che possono supportare questa visione: Tiziano Guardini, Gucci, Ecoalf, Canada Goose e anche quelli piccoli o di nicchia possono dire la loro in quanto a stile, unicità, outstanding. Sebbene molti passi avanti siano stati effettuati, il cliché della moda sostenibile brutta fa fatica a morire e paragonano gli abiti a vestiti assimilabili a sacchi di iuta. Se proprio dovessimo focalizzarci sui materiale più utilizzati dalla moda sostenibile e sempre più sostenibile, la iuta non è tra i principali filati che ci vengono in mente.
La plastica: da nemica ad amica della moda
Sarà che il karma sa essere ironico e divertente, ma dopo aver gettato milioni di tonnellate di plastica nel mare o aver abbandonato le reti sui fondali marini, i filati principali usati nel mondo della sostenibilità fashion sono proprio realizzati grazie al recupero di questi materiali, ergo la plastica. Personalmente, ho fatto un po’ di fatica ad abituarmi a questo nuovo immaginario di abiti in “plastica”. Del resto sono una ragazza degli anni 70 e penso ancora ai maglioncini di lana che mi faceva mia nonna o che mi comprava mia madre nei negozi. All’epoca non esistevano felpe (sono entrate nel nostro immaginario negli anni 80 ed erano considerate cheap, tra l’altro, perché provenienti dagli Stati Uniti, Paese che non era ancora considerato un trend setter in fatto di moda). Oggi sono più abituata a questa idea e convivo serenamente con l’idea che negli abiti troveremo sempre meno materie naturali, anche perché sarebbe ridicolo smettere di sfruttare determinati tessuti per iniziare a sfruttare altre risorse. Nella sostenibilità bisognerebbe abolire la parola “sfruttamento”, sia in quanto a materie prima, sia in fatto di risorse umane.
Cosa fare per vestire in maniera più sostenibile?
Per evitare di riempire l’armadio di plastica sotto forma di capi, allungo la vita agli abiti, recupero capi dagli armadi di famiglia e li faccio adattare alla mia personalità e non solo al mio fisico, acquisto vintage online e cerco di trovare aziende che creino capi di qualità, caratteristica che allunga ancora una volta il ciclo di vita degli abiti. Infine, sono uscita dal loop di visitare i siti per vedere se c’è qualcosa di sfizioso, ma acquisto solo quando strettamente necessario perché, diciamocelo francamente, abbiamo ancora gli armadi pieni zeppi di capi.
E voi, vestite sostenibile?
(a cura di Viviana Musumeci, founder di Gaiazoe.life, il blog dedicato al lifestyle sostenibile)