Marina Spadafora è una ragazza con qualche anno sulle spalle. Gli occhi vivaci, limpidi e sorridenti, la voce cristallina e amichevole, l’approccio energico,ma molto alla mano per essere una donna che ha lavorato a lungo nel mondo della moda, facendosi apprezzare fino al punto da lasciare un segno nella sua “vita precedente”, prima della svolta ecologista, come creatrice di collezioni di maglieria sperimentale e sofisticata. Perché Marina ha lavorato per la sua famiglia (la Spadafora Spa), per se stessa, per Prada e Miu Miu, per Ferragamo e attualmente anche per Marni, come consulente, ma ha anche maturato una esperienza immensa nella realizzazione di progetti che l’hanno messa a stretto contatto con artigiani di tutto il mondo,cercando di supportare lo sviluppo per in Paesi emergenti, tanto da essere oggi un punto di riferimento fermo e autorevole per tutto ciò che concerne la moda etica. Non a caso, in Italia, è la coordinatrice di Fashion Revolution. un movimento globale che mira a sensibilizzare i consumatori sulle loro abitudini di acquisto e si batte per un’industria della moda più equa ed etica.
Gaiazoe l’ha intervistata:
Sei una donna instancabile che non smette di muoversi, viaggiare e immergersi nelle sue passioni, come la moda etica: ci racconti un po’ di com’eri quando eri più giovane?
Io sono nata a Bolzano e la mia famiglia era proprietaria di un’azienda che produceva maglieria, tuttavia, da piccola non ho trascorso molto tempo in fabbrica, In realtà, i miei, volendo che imparassi le lingue, durante l’estate, mi mandavano all’estero a perfezionare le lingue. In particolare soggiornavo a estati alternate in Francia, Inghilterra e Germania.
Come è nata, allora la passione per la moda?
Mio padre ed io siamo sempre stati in famiglia quelli con la mano per il bozzetto. Io ho vissuto per molto tempo negli Stati Uniti studiando moda, ma non ho portato a termine i miei studi perché la realtà che volevo lanciarmi subito nel mondo del lavoro. La verità è che, quando studiavo alla scuola di moda, le mie preferenze andavano alle materie più umanistiche. Del resto, sono cresciuta frequentando, anche fuori dalla scuola, una professoressa che alle medie ci ha insegnato la passione per la politica, coinvolgendoci in alcuni incontri a casa sua a bere il te, che mi hanno formato tantissimo. Quella che è la mia visione del mondo oggi, la devo molto anche a lei.
Come era vivere la moda tra gli anni 80 e gli anni 90 e fare impresa?
Era bellissimo e indubbiamente più facile di oggi. Con le mie collezioni ho iniziato a sfilare nell”89, prima facevamo le fiere. La moda, all’epoca, aveva qualità, prezzo e fantasia. I nostri figli, spesso, lo dicono a me e a mio marito: siete fortunati perché avete vissuto in un’epoca in cui potevate realizzare i vostri sogni. Ma io sono molto fiera dei miei figli. Loro studiano e lavorando da quando avevano 17 anni, Sono andati all’università vincendo borse di studio. A volte mi sento in colpa perché per generazione i genitori hanno lavorato per fare evolvere i propri figli, ma in questo momento tutto ciò è difficile. Non sempre si riesce a offrire loro il meglio.
Per molti anni, hai lavorato nel comparto più tradizionale della moda, poi, a un certo punto, forse non eri più soddisfatta, hai cambiato strada…
Sì, diciamo che a un certo punto ho preso la decisione di fare altro. Dal terzo figlio in poi ho cambiato modo di vedere la moda. I soldi guadagnati che avrei dovuto usare per fare una sfilata, li ho donati al Buzzi per comprare dell’attrezzature per bambini. Ho iniziato, in questo modo, a fare delle mini sfilate al Gallia e quello che risparmiavo in mega sfilate,, lo devolvevo in charity per bambini. Il percorso è iniziato lì. Il mio brand ha cessato di essere operativo. Così iniziato a disegnare per Ferragamo, Prada, però, parallelamente cresceva l’insoddisfazione che provavo perché volevo fare ciò in cui io credevo e credo tuttora. Volevo usare la mia notorietà per migliorare la condizione di vita delle persone e dell’ambiente. L’ho molto desiderata questa cosa e dopo un anno mi è arrivata la richiesta da un’associazione di realizzare una collezione con tessuti africani 2007. Ho iniziato a a lavorare con le Nazioni Unite. Quasi subito dopo mi sono arrivate altre chiamate, da Altromercato e Cangiari in Calabria (che fa parte del consorzio Goel che combatte contro pizzo e ‘ndrangheta, usando come mezzo di comunicazione culturale la moda e sostiene la lavorazione tradizionale dei tessuti realizzati a telaio con materiali sostenibili fper confezionare capi di abbigliamento). Altromercato è diventato molto importante,nella mia vita: per 7 anni ho fatto il direttore creativo. Lavoravamo con artigiani del World Trade Organization. Ho fatto viaggi meravigliosi perché lavoravo con le persone e mi fermavo anche nei loro villaggi, vivendo e lavorando a stretto contatto con loro. Dopo queste 7 anni sono andata a Santo Domingo a dirigere una scuola che è un ramo della Parson School of New York. Poi sono tornata in Italia, ma continuo da qui a fare il mio lavoro di consulente moda, coordinatrice di Fashion Revolution e docente in scuole di moda. Tra qualche settimana uscirà un libro che ho scritto con Luisa Ciuni che si intitola La rivoluzione inizia dal tuo armadio, edito da Solferino. Inoltre, continuo a portare avanti un progetto che è quello che durerà per tutta la vita: Fashion with a Mission, ovvero una serie di film dedicati ad alcuni artigiani sparsi nel mondo e a giovani stilisti che si occupano di sostenibilità. Il primo film sarà realizzato in Perù poi andremo in Nepal
Oltre ai Paesi in giro per il mondo, con Fashion Revolution seguite anche progetti italiani?
Certo, Con il 2020 faremo una mappatura di tutte le realtà sostenibili in Italia. Abbiamo fatto una call sui nostri social per sapere se i designer hanno dei posti per vendere i loro capi sostenibili.
Molte aziende moda parlano di sostenibilità, A volte è vero, altre è green washing…
C’è chi lo fa meglio, chi lo fa peggio. Armani lo fa da anni, ma ne parla poco, Gucci tanto, Ferragamo, pure. I primi passi possono esser difficili, ma l’importante è non fermarsi e continuare in maniera costante.
Hai tre figli e sei ancora oggi impegnatissima. Come hai conciliato lavoro e famiglia?
Ho avuto un grande supporto da mio marito che, essendo un regista, spesso, prima di girare film, lavorava a casa. Inoltre, non avendo i nostri genitori con noi, abbiamo avuto bisogno di un terzo adulto per quando non eravamo fisicamente presenti: santa Tata. (Viviana Musumeci per Gaiazoe.life*)
(*Gaiazoe.life il primo vero blog sul lifestyle sostenibile)