Quando addentate un pezzo di cibo, vi chiedete mai, quanta acqua è stata utilizzata per produrlo? Beh, se non lo avete mai fatto, non è un problema poiché ci hanno pensato delle ricercatrici e dei ricercatori del
progetto europeo CWASI (Coping with WAter Scarcity In a globalized world) che ha affrontato
il problema della globalizzazione delle risorse idriche, consumate e utilizzate per la produzione
di alimenti, indagandone gli impatti sulla sicurezza alimentare e sulle risorse ambientali.
Il progetto CWASI finanziato dall’ European Research Council (ERC) è durato 5 anni e da poco
concluso è stato sostenuto per dare un valore alla cosìddetta “acqua invisibile” ovvero quella contenuta nei beni di consumo di origine agroalimentare. L’impronta idrica è quella che misura il fabbisogno di acqua necessario per la produzione di alimenti.
Al progetto ha preso parte, in maniera illuminata, un team multidisciplinare per dare una risposta più completa alle esigenze legate alla produzione di beni agroalimentari e consumo dell’acqua.
Non solo: all’indirizzo web www.waterfood.org è possibile esplorare l’impronta idrica e i flussi di acqua virtuale di centinaia di prodotti agricoli a scala globale a partire dagli anni 60 fino a oggi.
(a cura di Gaiazoe.life)