L’obiettivo che si è posta a lungo termine l’UE è quella di fare la guerra al fast fashion, responsabile di numerose ingiustizie (ormai si può dire senza timore di essere smentiti) che partono dai danni all’ambiente (immaginate tutti i capi che vengono acquistati in Europa nelle catene fast fashion, tanti, perché a bassissimo prezzo, per poi essere gettati, spesso senza nemmeno fare una differenziata corretta : già questo dovrebbe tenere lontani dalle varie catene, ma la consapevolezza in questo ambito fa ancora fatica a rompere i luoghi comuni) fino ad arrivare al trattamento inadeguato dei lavoratori del “Terzo Mondo” che viene reso sempre più tale, grazie a questa forma di colonizzazione che passa dallo sfruttamento della manodopera di donne e bambini fino al trattare i Paesi più in difficoltà dal punto di vista economico, in discariche a cielo aperto di abiti e accessori.
Obiettivo: una norma europea entro il 2025
E’ proprio per questa ragione che l’UE sta lavorando affinché entro il 2025 tutti i Paesi europei dovranno avere un sistema di raccolta separata per i rifiuti tessili e quando si parla di tessili si allude proprio a tutto il comparto e non solo quello che deriva dalla moda: per intenderci si parla di abiti, accessori, ma anche tessuti per la casa o l’arredamento e anche sacchi a pelo, coperte, ecc.ecc. Alcuni Paesi sono già al lavoro con norme che, per l’appunto, includono anche i tessuti per la casa e la Francia, ad esempio, introdurrà il “buono riparazione” che consentirà alle persone che al posto di gettare un tessuto vecchio, procederanno invece nella direzione del recupero, facendoli riparare, otterrà un bonus che oscillerà tra i 6 e i 25 euro.
Gli scarti tessili prodotti in Europa
In Europa in un anno arriviamo a produrre 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili all’anno che, come già detto, si riferiscono a tutti i prodotti che contengano tessuti al loro interno. Ogni cittadino riesce a buttare circa 12 chili di scarti all’anno (motivo per cui si consiglia sempre di meditare bene sugli acquisti in generale, di imparare ad allungare la vita dei capi, di valorizzare gli acquisti di second hand o di oggetti recycled o upcycled e di puntare, in generale, verso una circolarità dell’economia anche come consumatori e non solo come produttori). Quei 12 chili pro-capite all’anno corrisponde a 5,2 milioni di tonnellate generali. Un numero monstre non più tollerabile.
L’Europa ci sta, dunque, pensando. E l’Italia noto produttore di capi di moda e non solo, cosa sta facendo a tale proposito? Al momento le proposte italiane sono al vaglio poiché sono emerse delle criticità.
(a cura di Gaiazoe.com)