Joao Monteiro, lo chef del ristorante Bottiglieria del Pigneto a Roma, ha una visione molto rilassata della cucina. Saranno le sue origini portoghesi che lo hanno condotto ad avere un approccio slow al cibo e alla sua cottura (la sua tecnica di cottura preferita è quella del brasato e quella lunga delle minestre di verdura), sebbene abbia trascorso molto tempo anche negli Stati Uniti con la sua famiglia, sarà che ama il ritmo della natura che lo spinge ad acquistare e portare sulle tavole del ristorante, il più possibile, prodotti a chilometro zero, naturali, vegetali, valorizzando spesso parti delle materie prime che, solitamente, finiscono negli scarti.
Da dove nasce la tua passione per la cucina? Anche tu hai spiato mamma o nonna ai fornelli come molti tuoi colleghi?
In realtà no. Nella mia famiglia si cucinava per “dovere”, ma mai madre lavorava e non aveva molto tempo per questo. La verità è che ho imparato a cucinare presto per colpa della mia voglia di mangiare. Ho sempre avuto una gran fame e potermi cucinare da solo è stata una vera e propria emancipazione. Mi ha dato un senso di libertà. Ricordo che mia madre mi dava qualche dritta su come cucinare, ma poi imparavo velocemente. Il cibo, in questo modo, è diventato il mio Dio. Quando siamo tornati in Portogallo ho studiato cucina e poi ho iniziato a viaggiare. Penso, respiro e vivo il cibo in ogni momento. Mi è servito e mi serve per crescere.
Se dovessi descrivere il tuo tipo di cucina, come la chiameresti?
Non amo le etichette perché se le metti, poi ti chiudi in una scatola. Io ho viaggiato e vissuto in molti posti. Scelgo gli ingredienti con molta attenzione e poi applico le tecniche che amo per cucinarle. Mi piace la cottura lenta e per questo adoro i brasati, ma anche le minestre di verdura e le zuppe perché durante la fase della cottura, si costruiscono strati di sapore. Una volta imparata una tecnica, la applichi ovunque. Magari si mangiano ingredienti diversi, a seconda di dove vivi, ma le tecniche sono spesso affini.
Qual è il tuo ingrediente preferito?
Ho vissuto in Svezia per qualche tempo e mi sono innamorato follemente delle rape di ogni tipo di radice. Sono dei prodotti sottovalutati, ma eccezionali, anche perché hanno un legame diretto con la terra e quel sapore rimane. Le puoi cucinare in ogni modo.
Come scegli le materie prime?
Voglio avere un contatto diretto con il fornitore, locale, il più possibile a chilometro zero. Vado io personalmente, quando posso. Voglio conoscere la gente che produce ciò che propongo ai miei clienti. Voglio sapere tutto e soprattutto la storia dei prodotti e delle persone. Mi piace che ci sia questo filo conduttore. Le materie prime che uso in cucina sono, prevalentemente, laziali. Selezionare la carne giusta è più difficile, per questa ragione cerco il più possibile di instaurare un rapporto diretto con il macellaio.
Che rapporto hai, come chef, con la sostenibilità?
Io tento di sprecare il meno possibile. Delle verdure che cucino, cerco di usare tutto. Prendo 5 chili di cavoli? Cerco di cucinare tutti e 5 i chili, usando le foglie, il gambo. Se l’Universo ha creato il broccolo in quel modo, significa che c’è una ragione e un equilibrio. Se sei un cuoco bravo, al di là della parte economica, sai che è comunque intelligente usare il più possibile il prodotto. Io uso anche il “quinto quarto delle verdure”. Se hai un budget ridotto, diventi più creativo. Lo sapevi che il gambo del broccolo, ad esempio, crudo, in carpaccio ha un sapore delizioso. Quando lo preparo, i clienti rimangono stupiti da questo. Oltre al chilometro zero, cerco anche di acquistare cibi biologici o coltivati in maniera biodinamica (Viviana Musumeci)
CREDITS
Photo (portrait): Matteo Casilli
Camicia:Impure
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