Non è un tema facile da toccare, quello del peso corporeo, soprattutto quando si hanno dei chili in eccesso e quel peso in più viene vissuto come un limite o peggio, come un elemento di cui vergognarsi. E chiarisco subito che questo non è un post pro diete o altro. Il discorso che voglio fare è diverso e lo faccio da persona che 8 mesi fa pesava 20 chili in più.
Il grasso è una protezione
Premettendo che ho sempre avuto un peso altalenante: fisico asciutto fino ai 30 anni, periodo della vita in cui pensavo di essere felice poiché potevo scofanarmi qualsiasi cosa, senza prendere un grammo e che poi, invece, dal 31o anno in poi il mio corpo ha iniziato a lottare con la bilancia, come si suole dire, affrontando diete di ogni tipo o ignorando del tutto le buone regole dell’alimentazione, è grazie a questa esperienza personale, ma soprattutto alla consapevolezza maturata con la meditazione, che ho capito che il grasso che circondava il mio corpo, a un certo punto, non era più una mera questione di cibo in eccesso, visto che per un certo periodo della mia vita ho sofferto di disturbi alimentari, anche se, fortunatamente, circoscritti a un anno, in un periodo di forte stress psicologico.
Come spesso accade nella nostra vita, ci sono degli elementi che hanno una forma materiale, ad esempio anche i soldi, ma il rapporto che ci lega a questi, ha, in realtà, dei legami con ciò che essi rappresentano poiché in realtà il potere simbolico è più forte di qualsiasi elemento materiale, in quanto ciò che è immateriale viene prima di ciò che è materiale e quest’ultima versione non è altro che la punta dell’iceberg a cui siamo riusciti a dare concretezza, semplicemente attraverso il pensiero.
Per gran parte della mia vita, ho lottato con la mia relazione con il cibo e con il mio corpo. Il peso che portavo non era solo fisico, ma un carico emotivo che mi accompagnava ovunque. Alla fine, mi sono resa conto che il mio problema era molto più profondo di quanto avessi mai immaginato.
La consapevolezza del dolore attraverso la meditazione
Quando tengo i miei corsi di meditazione, spesso dico che quest’ultima è il mio super potere. Perché mi ha consentito di guardare dentro di me e mi ha condotta ad affrontare le radici del mio rapporto con il cibo e il mio corpo (ma non solo quello, a dire il vero). La meditazione mi ha permesso di riconnettermi con me stessa in un modo che non avevo mai provato prima.
Quello della meditazione è stato (ed è tuttora) un viaggio verso la consapevolezza, verso la comprensione profonda dei miei pensieri, delle mie emozioni e dei miei comportamenti.
Attraverso la meditazione, ho iniziato a esplorare i meandri della mia mente e a scoprire i motivi nascosti dietro le mie abitudini alimentari disfunzionali. Ho imparato che il cibo non era solo una fonte di nutrimento per il mio corpo, ma anche una fonte di conforto per la mia anima. La dopamina e l’ossitocina, due potenti neurotrasmettitori legati al piacere e al legame emotivo, giocavano un ruolo importante nel mio rapporto con il cibo.
Il cibo come sostituto dell’amore genitoriale
Ero diventata dipendente dalla gratificazione immediata che il cibo mi forniva, cercando conforto e sicurezza nelle sue braccia calorose per l’amore che non sentivo di aver ricevuto da piccola. La bambina ferita è stata presente per molto tempo, anche se ho preferito ignorarla a lungo perché faceva male. Il cibo, in fondo, è il primo elemento che ci lega ai nostri genitori e come io ho sempre percepito il loro amore altalenante nei miei riguardi, distratti com’erano dalla loro anaffettività, così il cibo entrava prepotentemente nella mia vita, creandomi una coltre protettiva.
Il risveglio grazie alla meditazione
Ma la meditazione mi ha permesso di prendere una pausa e di osservare queste dinamiche senza giudizio. Ho imparato a riconoscere i miei impulsi e le mie emozioni senza lasciarmi trascinare da essi. Ho imparato a coltivare una consapevolezza gentile e compassionevole, che mi ha aiutato a spezzare il ciclo delle dipendenze e a trovare una nuova libertà nella mia relazione con il cibo. Ho imparato, infine, a perdonare i miei genitori e a provare compassione per loro, come esseri umani e come anime più spaventate e disorientate di me. Soprattutto ho capito che avrei dovuto riprendere per mano la bambina ferita e dirle che le volevo bene e che tutto sarebbe andato bene (cosa che continuo a fare, perché la cura non è mai abbastanza).
La meditazione ha anche avuto un impatto tangibile sul mio cervello, aiutandomi a rafforzare le parti responsabili del controllo degli impulsi e della regolazione emotiva. Questo mi ha reso più resistente alle tentazioni e mi ha dato la forza interiore per fare scelte alimentari più sane e consapevoli.
La perdita di peso non è più un obiettivo ossessivo per me, anche perché adesso vivo in maniera più equilibrata e il mio peso mi corrisponde; esso è una conseguenza naturale del mio percorso di crescita e guarigione interiore. E mentre continuo il mio viaggio, so che la meditazione sarà sempre lì per guidarmi, per aiutarmi a restare connesso con me stesso e con il mondo intorno a me.
Vi invito ad esplorare questo meraviglioso strumento di autoscoperta e guarigione. La meditazione potrebbe essere la chiave per liberarsi dalle catene del passato e abbracciare una vita piena di consapevolezza e amore per sé stessi.
(a cura di Viviana Musumeci, fondatrice di Gaiazoe.life)