Vicino al Lago di Como, uno chef ha realizzato il suo sogno di portare la cucina nordica nella sua terra natia
Pensate a una giornata di bruma, quando il foliage autunnale ha già preso avvio; immaginate di sentire l’aria frizzante che sferza la pelle, lasciando qualche goccia di rugiada sulle mani e sul viso; ipotizzate di poter assaggiare quella rugiada, ma anche una pigna raccolta da un pino Douglas, perché no, e di sferzare il palato con un lichene fritto, senza doversi immergere nelle foreste danesi o scandinave, ma farlo in un locale a portata di macchina, per chi vive intorno al Lago di Como o anche in Svizzera Italiana o, perché no, anche nel resto della Lombardia e in Piemonte. Perché sì, questa esperienza è possibile, è lirica, merita rispetto e, sarebbe d’uopo, viverla in silenzio, lo stesso che si respira nei boschi isolati, ma in questo caso, è fattibile da Radici a San Fermo della Battaglia a pochi chilometri da Como.
Ed è il nome stesso con cui lo chef Mirko Gatti ha battezzato il suo ristorante, che spiega il progetto stesso e la sua natura: Radici, perché si mangiano i frutti dei boschi e della terra, quelli che non siamo più o non siamo stati mai abituati a mangiare. Ma anche le radici dello chef stesso che, dopo anni di lavoro all’estero nei migliori ristoranti, dove ha appreso le tecniche che mette in pratica, personalizzandole, nel suo ristorante, ha deciso di tornare nella sua terra natia e lanciarsi una sfida, ovvero quella di fare cucina in un determinato modo in un luogo in cui è il solo a cucinare seguendo questa scuola di pensiero che allontana dalla tradizione italica, ma si trasforma in una esperienza che ha dello spirituale.
La cucina nordica appresa nel suo viaggio professionale nelle cucine del nord europa è,oggi, degustabile nella campagna alle spalle del Lago di Como. Una cucina che richiede cura, tempo, meditazione, pazienza e flessibilità. Del resto, oltre ad avere dei fornitori a chilometro “ultra” zero, è lo stesso Mirko che raccoglie nei boschi vicini al suo locale gli ingredienti che poi lavorerà, affumicherà e conserverà per consumarli in un secondo tempo.
E se proprio volete provare a vivere questa esperienza, il consiglio è quello di degustare il menu ispirato ai profumi, agli odori, ai colori e ai sapori del bosco. Questa è la stagione perfetta per farlo. Se optate per questo menu, sarete sorpresi di percepire sotto le vostre papille la carne di cervo leggermente affumicata accompagnata da pino e oxalis rossa. In questo caso non avrete la tentazione di abbuffarvi, ma preferirete giocare con i pezzetti di carne, trattenendoli sotto i denti per prolungare l’esperienza. E per continuare il viaggio nel bosco, lo chef propone di accompagnare una cialda di koji di segale laccata con patè di fegato di cervo e pigna fermentata, tacos di licheni delle renne, animella e salsa di tuorlo d’uovo marinatonel garum di trota.
Il bosco alle spalle del ristorante non dista troppo dal lago, per questo, lo chef Gatti non dimentica il luogo in cui si trova e serve, inserito in questo menu, anche un delicatissimo risotto con gonadi di agone e noci tostate a fiamma viva. Sempre intorno alle rive del lago, continua la degustazione, ma in chiave unconventional: non a caso, verrete sfidati ad assaggiare lo sperma di carpa bbq lasciato marinare in un dressing umami, fatto da 5 tipi diversi di garum.
Il viaggio è un continuo viavai lago terra e si torna nel bosco per assaggiare la delicata carne di maialino cotto lentamente su legno di quercia, accompagnato da ribes neri, a cui si aggiunge un dumpling di pesce gatto e grifola frondosa. Per rendere la carne tenera fino a sciogliersi in bocca, lo chef lo cuoce a lungo a fiamma bassa e lo accompagna con aglio nero fermentato per 60 giorni.
L’esperienza del dessert è tutto, fuorché banale: in linea con tutte le portate e la visione di Gatti, anche il momento del “dolce” diventa un’esperienza mistica: nel piatto vi verrà servita Mela nera di montagna fermentata per 60 giorni e neve di acetosella dei boschi spolverato di cioccolato bianco. Infine, la ricerca non abbandona la proposta finale: petit fours a base di croccanti petali di rosa, composta di albicocche e cera d’api, pigna di larice sciroppata; cookie di grano antico e “cioccolato nordico” (crema di koji d’orzo); tuille di noci, funghi e castagne.
E voi siete pronti a vivere questa esperienza mistica, dove, in maniera circolare e sostenibile, lo chef non butta via nulla?