Quante volte avete sentito persone lamentarsi (e già solo qui potrei fermarmi, perché la risposta è già nota) sulla propria incapacità di cambiare abitudini nella vita, che poi significa cambiare se stessi? Se avessi ricevuto un euro per ogni volta che a me è accaduto di interagire con persone così passive, sarei ricchissima. Perché la convinzione che, a un certo punto della vita non si possa cambiare, è assai radicata, ma altrettanto “tonta” e non ancorata alla realtà scientifica (non parlo di chiacchiere da facebook o bar sport).
Cambiare è facile, se sai come farlo, avrebbe detto Allen Carr, autore di best seller che ha aiutato milioni di persone nel mondo a smettere di fumare o di mangiare male (e se non sono queste abitudini errate e pericolose…) perché il problema vero è… pensare il cambiamento. Io, ad esempio, se guardo indietro nella mia vita da 51enne, mi accorgo di essere cambiata spesso nella vita e altrettanto spesso ho modificato le mie abitudini per scelta mia e non per imposizione del fato o casi fortuiti. C’è sempre stato un pensiero prima che poi è stato canalizzato verso le azioni. Ma non tutti sanno come si fa.
Da dove parte il cambiamento?
Indubbiamente c’è un momento, anche per un istante, l’intuizione di cambiare. Spesso compare semplicemente come una voce interiore:
Sono pensieri che spesso ci bombardano la testa. E questo è il punto di partenza. Quando si cambia e si mettono in pratica dei comportamenti diversi, si parte dal pensiero. Che però non è sufficiente. La differenza tra un pensiero che porta a un cambiamento e uno che ci lascia così come siamo (nella comfort zone che, non fatevi tradire dalla parola, non sempre è una bella zona, un luogo in cui si sta veramente bene: se siete abituati a dormire per terra, la vostra schiena e il vostro cervello si abitueranno e non è detto che un materasso ergonomico vi darà agio e piacere. E’, per l’appunto, una questione di abitudini e queste ultime hanno bisogno di tempo per radicarsi) sta nella forza dichiarativa. Bisogna fare una dichiarazione, possibilmente ad alta voce, in modo tale che anche le orecchie vi sentano e memorizzino meglio il concetto. In modo tale che non possiate dire a voi stessi, mentendo: “Ma io questa cosa non l’ho mai pensata”. Voi l’avete detta e da lì sarà più difficile tornare indietro (ma non impossibile).
Come si radica un cambiamento?
Se siete arrivati fin qui, è già molto perché parecchie persone si fermano alla prima intuizione, caricano di ansia quella rivelazione e ritornano buonine buonine nel gregge (tranquilli, è un gioco del cervello che fa di tutto per rimanere nella sua comfort zone e vi parla attraverso i pensieri negativi). Se invece state pensando che valga la pena cambiare atteggiamento, attitudine, abitudine, siete nel posto giusto. La prima cosa che dovete fare è mentalizzarvi sapendo che un cambiamento avviene in 66 giorni. Non lo dico io, ma le neuroscienze. E’ per questo che dovete ricordarvelo perché vi aiuterà a sopportare tutti gli attacchi che il vostro cervello vi manderà per farvi tornare indietro e agli attacchi che si presenteranno sotto forma di tentazione, c’è solo una risposta possibile da dare: “NO!”
Come si presenterà la tentazione?
Lo farà con frasi ingannevoli tipo: “Vabbé, non hai fumato per 20 giorni, se adesso ti accendi una sigaretta, cosa cambia? In fondo puoi sempre fumare per piacere e non perché sei schiavo?” Risposta: “NO!”. Oppure: “Maddai, sei riuscito a non toccare zuccheri e la dieta sta funzionando, una pizza non ha mai fatto male a nessuno…” Risposta a muso duro:” NO!” L’unico modo per prendere distanza dalle abitudini nocive é prendere distanza temporale dalle abitudini nocive.
Pensate ad esempio alle Associazioni di Alcolisti anonimi che vediamo spesso nei film o nelle serie tv. Chi è affetto da dipendenza si alza, si presenta (personalizzandosi) e ricorda che sono tot giorni che non tocca alcool. Più il tempo passa, più si prova autostima, più si prova autostima, più l’abitudine si radica, più l’abitudine si radica, più le tentazioni si dissolveranno o avranno meno potere su voi stessi. E mano a mano acquisirete voi il potere su voi stessi. Al termine delle riunioni, c’è sempre un buffet di cibo, in particolare, donuts. Sapete il motivo? Perché è una ricompensa (non lo sarebbe per me che evito glutine, zuccheri e latticini, anche se ogni tanto me ne concedo qualcuno) e con essa si stimola nel cervello la produzione di dopamina che è il neurotrasmettitore della ricompensa. E il cervello registrerà in maniera pavloviana: “Bravo: non hai fumato, non hai bevuto, non ti sei drogato (tutte attività che stimolano alcune aree del cervello ed è per questo che sono dipendenze), meriti un premio (sottinteso: ciapa il donuts)”. Ovvero starete bene e abbinerete a quel benessere il donuts (evitate però di passare da una dipendenza a un’altra).
Perché la meditazione aiuta nel cambiare abitudini?
Perché quando si medita si mettono in movimento numerosi ormoni e neurotrasmettitori, tra cui quello della ricompensa, ovvero la dopamina. Si sta meglio che in qualsiasi stato indotto artificialmente. Meglio di quando si ingollano zuccheri o di quando facciamo sesso (sì, decisamente meglio). Meglio di quando facciamo sport e di quando dormiamo. Insomma con una meditazione quotidiana di circa 20 minuti, vi programmate non solo per il momento che state vedendo, ma per il resto della giornata e delle successive 72 ore perché la meditazione ha l’effetto di un sasso gettato in uno stagno: crea onde che si allargano e raggiungono punti inesplorati.
Ergo, la domanda è: siete pronti al salto? Avete il coraggio dinnanzi a voi stessi di stare meglio per smetterla di lamentarvi?
(a cura di Viviana Musumeci, founder di Gaiazoe.life)