C’è un’isola felice sul Lago di Como (e no, non stiamo parlando dell’Isola Comacina che, comunque, gode di un fascino magico, misterioso e senza tempo). In realtà è un’isola metaforica quella a cui alludiamo considerando che si trova a Torno, sul versante della Vecchia Regia, la strada che conduce dal centro del Lario (nome storico del lago di Como) ovvero da Bellagio a Como. Quest’isola sorge sulle fondamenta di una vecchia villa, come tante, come quelle che da circa il 1800 in poi, hanno popolato e caratterizzato l’aspetto geografico del Lake Como tanto caro agli americani e agli inglesi e oggi iconicamente noto in tutto il mondo. Questo luogo, discreto, non urlato, persino un po’ nascosto (se avrete modo di recarvici, ricordatevi che non è segnalato molto e volontariamente, sul tragitto, quindi armatevi di un buon navigatore e di favella per chiedere agli abitanti di Torno) risponde al nome de Il Sereno.
Ma non pensate a Il Sereno come semplicemente a un hotel. Questo è più un universo che si compone di pianeti e sistemi solari. Nascosto e votato all’understatement, seppur con l’approccio cosmopolita della catena alla quale questo appartiene.
Un universo fatto di design (firmato da Patricia Urquiola), di bellezza alla vista (dentro e fuori), di natura parzialmente addomesticata (il botanico francesePatrick Blanc, famoso soprattutto per aver inventato ilgiardino verticale, rivoluzionario concetto di verde urbano ha realizzato un muro nel suo stile che trasforma la facciata in una tranche di bosco vegetale che si estende in altezza), ma volutamente rigogliosa per ovattare questa struttura nel green e mimetizzarlo discretamente. Il Sereno del resto, grazie all’attenzione tributata all’ambiente, alla selezione dei materiali naturali, al risparmio energetico ha ottenuto la certificazione di Climate House.
Un universo con una spa, una piscina, una spiaggia, il via vai delle barche del Cantiere Ernesto Riva che ha la sede sulle sponde opposte del lago (da non confondere come fa qualcuno con i cantieri omonimi di Forlì), perché qui si predilige il local, quando è possibile.
Un universo in cui brilla sì una stella più di altre, quella del ristorante Berton al Lago ottenuta grazie alla tenacia del giovane, ma espertissimo, chef Raffaele Lenzi che l’ha fatta ottenere al ristorante nel giro di una sola stagione
Una location dove il food è un’esperienza indimenticabile
Un ristorante per gli ospiti dell’hotel ma aperto a tutti coloro i quali desiderino approcciarsi a una cucina ricca di sapori, contrasti, suggestioni e contaminazioni che mettono al centro il mondo vegetale (verdura e frutta), senza però essere volutamente vegetariano o vegano. Una cucina che sposa con sapienza anche il beverage curato con maestria dal direttore Stefano Gaiofatto.
Ma qual è la filosofia del Berton al Lago?
E’ sicuramente frutto di compromesso tra i proprietari dell’hotel, la famiglia Contreras e lo chef Lenzi dotato di estrema consapevolezza e il giusto tocco di audacia dovuta non solo al suo carattere, ma anche alle esperienze maturate all’estero e alla dedizione personale, persino monacale verso una alimentazione sana (chef Lenzi si fa supportare da una nutrizionista che lo aiuta anche nella scelta degli alimenti che sfocia anche nelle proposte per i clienti). Ma soprattutto è frutto dell’amore dello chef per le verdure. Di fatto, il suo palato affonda le radici nella cucina materna, di origine napoletana un modo di preparare le pietanze che ruota sempre intorno alle verdure, ma non chiamatela cucina vegana: “Se nei menu mi accorgo che dei piatti sono vegani, li lascio, ma non vengono realizzati appositamente perché non voglio che la mia cucina venga identificata esclusivamente con questa visione del food per quanto per me le verdure siano fondamentali. Quando devo pensare a cosa preparare, non mi comporto come la maggior parte degli chef che pensano al piatto di carne o di pesce a cui abbinare il contorno. Il mio percorso avviene all’incontrario. Parto dalle verdure e poi penso agli ingredienti da abbinare. A volte alla verdura abbino…la verdura o i legumi” ha raccontato a Gaiazoe. life chef Lenzi.
Del resto lui ha le sue idee anche in fatto di stereotipi culinari e cliché. Sul chilometro zero ci ha tenuto a dire:” Che cos’è oggi il chilometro zero? E’ qualcosa che tutti possono praticare? Io credo di no. Penso invece, che sia importante avere dei fornitori di materie prime eccellenti che consentano di spaziare. Abbiamo fornitori in zona, ad esempio l’olio extravergine di oliva lo prendiamo da un produttore a Domaso nell’alto lago, dove le olive vengono piantate in un territorio aperto e ventilato, ma poi acquisto anche altri prodotti in altre parti del nostro territorio. Il mio chilometro zero è l’Italia che offre moltissime opportunità in fatto di materie prima. L’importante è saperle riconoscere”.
Sono tre i menu che ruotano intorno ai “vegetali” con approcci e modalità, oltre che ragioni, differenti:
Il menu “Contrasti” è quello in cui lo chef esprime il suo amore per gli abbinamenti opposti, dolce e salato, acido e maro, creano nel palato degli ospiti un racconto divertente e mai banale. Il menu “Radici, tuberi e vegetali” punta sulla stagionalità – il più possibile- e valorizza questi prodotti della terra mantenendone intatta l’essenza. Infine il menu “Fidarsi” è una sfida lanciata dallo chef nei riguardi dei palati più intraprendenti.
Ma l’esperienza del palato è sempre coronata dall’abbinamento dei vini ed è qui che entra in campo l’F&B manager de Il Sereno Stefano Gaiofatto che per valorizzare la cucina dello chef ha scelto di trasformare la cantina in un fortino dedicato ai vini esclusivamente italiani con l’unica eccezione per gli champagne francesi. A questo si aggiunge un progetto raffinato di mixology all’interno del lounge bar del resort dove i barman creano mocktail ispirati al lago, alle atmosfere internazionali usando, anche in questo caso, frutta e altri ingredienti di origine vegetale come per la novità di questa estate rappresentata dai New Botanical Cockail e Mocktail ispirati al giardino verticale realizzato da Blanc. Non a caso vengono utilizzate una moltitudine di composizioni vegetali e floreali provenienti da tutto il mondo, tra cui anche le erbe del giardino delle erbe dello Chef.
(a cura di Viviana Musumeci, founder di Gaiazoe.life, il lifestyle blog dedicato al mondo della sostenibilità)