Ci sono storie che prendono alla pancia, ti stritolano proprio le budella, e ti fanno, persino stare male, anche se, apparentemente, non sono la tua, poi, però salgono al cuore e ti danno un senso di riappaccificamento e amore immensi, dimostrando, in un certo senso che a volte, quando sentiamo i racconti di alcune persone, ci sembra di avere a che fare con degli eroi la cui missione è quella di migliorare il mondo: questa è la sensazione che ho avuto per tutta la durata dell’intervista fatta ad Annapaola Xodo che ha da poco pubblicato il libro L’amore perfetto edito da Caracal Publishing, in cui molte donne si ritroveranno ed è, anche, per questo che GaiaZoe.life ha voluto ascoltare le sue parole:
Tu racconti la tua storia che per molti anni è stata all’insegna della sofferenza, prima psicologica, poi anche fisica. Perché hai scritto L’Amore Perfetto?
Perché questo, dopo tanto dolore, è stato il punto di arrivo. Quello in cui ho capito che l’amore perfetto non si trova negli altri e nel modo in cui ci vedono, ma in noi stessi. E io ho impiegato veramente tanto tempo per capirlo.
Ci parli un po’ della tua storia?
Sì, diciamo che in seguito a un intervento di mastoplastica addittiva, ho iniziato un vero e proprio calvario fatto di malattia (“breast implant illness).. Sono entrata e uscita dagli ospedali non so quante volte, ma soprattutto, per molto tempo, la mia malattia negli ospedali italiani a cui mi sono rivolta, non è stata riconosciuta e questo ha allungato i tempi per arrivare a una cura. Negli ultimi tempi dell’esplosione della malattia,, prima di volare negli Stati Uniti due anni fa da un’esperta che da 25 anni studia questo problema e ha in cura tantissime donne, la dottoressa Feng, ho cercato delle risposte qui in Italia anche perché a un certo punto ero dimagrita, stavo male, avevo numerose intolleranze e sopratutto andavo in shock anafilattico con una frequenza molto elevata. I medici mi curavano le crisi, ma poi mi dicevano che non avevo nessuna malattia e che avrei dovuto rivolgermi a uno psicologo o psichiatra. Ho subito un vero e proprio mobbing da parte di alcuni medici che ha reso questo percorso ancor più doloroso.
Torniamo un attimo indietro: perché hai voluto sottoporti a un intervento di chirurgia estetica e inserire delle protesi nel tuo seno?
- Per rispondere a questa domanda dobbiamo davvero fare un grande salto nel tempo. Premettendo che la nostra società è intrisa di valori che esaltano la perfezione del corpo attraverso i media, in particolare, quello della donna, è anche vero che io da piccola ho avuto un’infanzia molto dura dovuta al rapporto con mio padre. I miei genitori erano separati e io dovevo trascorrere del tempo anche con lui. Ricordo che quando tornavo a casa, mia madre era disperata perché doveva “ricostruirmi”, in quanto mio padre mi demoliva psicologicamente. Mi criticava continuamente e non mi ha mai trasferito un sentimento di amore. Non ero mai all’altezza delle sue aspettative. Non gliene faccio una colpa oggi, perché quando ti comporti così con tua figlia è altamente probabile che non sia stato amato o non ti sia stato sentito apprezzato dalla tua famiglia, ma lui ha avuto sempre un approccio distruttivo con sè e con chi gli stava attorno. Distruggeva i rapporti. E a me ha creato un vero e proprio imprinting fatto di insicurezza. A questo si è aggiunta la perdita di mio nonno materno che per me è stata la prima vera figura paterna e quindi, la sua morte ha creato in me un’ulteriore incrinatura.
Cosa ti ha aiutata a stare in piedi in questo tempo?
Ho avuto la fortuna di essere amata da altre persone, a partire da mia madre, e poi mio nonno e in seguito dal secondo marito di mia madre che per me è come un padre e mi ha sempre supportata. Ma purtroppo, questo non è bastato perché quelle insicurezze introiettate da bambina hanno lavorato in profondità, fino a farmi sprofondare in un buco nero che mi ha fatto sfiorare la morte.
Ma come si collega tutto questo con le tue protesi al seno?
L’ansia di piacere a mio padre e di farmi amare, mi ha spinto nelle braccia del mio primo amore, come se avessi messo in atto una sorta di canovaccio dovuto a un condizionamento. E il mio primo fidanzato, con cui sono stata dai 16 ai 22 anni, un periodo lungo e importante poiché coincide con quello dell’adolescenza, era un calciatore che mi aveva scelta all’inizio perché, pur facendo la modella, ero l’immagine della “brava ragazza senza grilli per la testa” che studiava. Negli anni, però, diventando sempre più parte di un sistema che si basa molto anche sull’immagine, lui ha iniziato ad avere altri riferimenti estetici e mi ha lasciata per una ragazza più appariscente. Questa cosa mi ha segnata come una ferita al cuore e mi sono colpevolizzata a tal punto da voler cambiare il mio fisico per poter rientrare nelle sue grazie. Ho letteralmente tormentato mia madre, fino a quando, dopo un anno, mi ha autorizzata a fare l’intervento. La cosa buffa è che in seguito, lui è tornato perché evidentemente il mio nuovo aspetto corrispondeva ai suoi canoni, ma solo dopo ho scoperto che in realtà io non ero la fidanzata ufficiale, bensì l’amante. Questo mi ha dato un’ulteriore spinta verso la caduta. Nel frattempo, ho iniziato a stare male, ma talmente male che molti amici, o persone che pensavo tali, mi hanno abbandonata, il lavoro procedeva tra alti e bassi perché, chiaramente non potevo essere presente sempre. Insomma, sono arrivata a un punto in cui ero talmente debilitata che un giorno andai da mia madre e le chiesi aiuto perché temevo di essere vicina al baratro definitivo. Lei, che è molto forte, ha iniziato a fare ricerca su internet e ha scoperto che gli stessi sintomi che avevo io, li aveva avuti anche la moglie di Hugh Hefner, il fondatore di Playboy, che aveva subito l’impianto di protesi al seno e aveva attraversato un calvario simile al mio. Così l’ho contattata e lei, non solo mi ha risposto, ma mi ha anche indirizzata sulla dottoressa Feng la quale mi ha convocata d’urgenza a Cleveland per operarmi perché, in seguito all’asportazione delle protesi avvenuta sei anni prima in cui però non mi avevano tolto le capsule, la mia situazione era ulteriormente degenerata in quanto, quello che non viene sempre detto è che le protesi trasudano elementi che rimangono nell’organismo e se una persona ha un fisico che non regge davanti a queste “immissioni tossiche”, si causano molti problemi. Ci sono donne che hanno avuto il problema alla tiroide, altre dolori alla schiena, per questa ragione, ma, ripeto, non viene detto perché questa è un’industria molto in voga e la domanda di impianti è alta. Io, per questo, ho avuto il sistema immunitario completamente sconvolto e rovinato.
E adesso come stai?
Diciamo che la vera guarigione è iniziata adesso. Continuo a curarmi, questa volta in Italia, ma attraverso la medicina quantica e, attraverso una tecnica russa che viene praticata sugli astronauti quando rientrano dallo spazio, le mie cellule vengono rigenerate. Ho degli esami così buoni che non ricordo di aver mai avuto. Ho ancora delle fragilità e delle paure, ma le vivo come punto di forza. Voglio che il mio messaggio arrivi a più donne possibili: bisogna lavorare su se stesse per amarsi e non pensare che l’autostima passi dalle protesi e dagli occhi dei nostri uomini. Il desiderio di piacere a tutti i costi a loro, mi ha spinta verso storie sbagliate. Ho iniziato ad amarmi e ho trovato anche l’uomo giusto che è mio marito e che per me è un angelo insieme a tutte le persone che mi hanno supportata. E proprio perché voglio che il messaggio arrivi ho anche fondato una mia capsule collection di moda che vuole essere un messaggio di incoraggiamento ad amarsi per tutte le donne e che si chiama 6N1 Venezia
In bocca al lupo, AnnaPaola per tutto.
Viva il Lupo!
(Viviana Musumeci)